L’ex direttore sportivo della Roma, Walter Sabatini, attuale dirigente del Bologna, ha rilasciato un’intervista durante la trasmissione ‘Il Tribunale delle Romane‘. È sempre un piacere ascoltare le parole dell’ex DS, come dimostra questo stralcio delle sue dichiarazioni.
Domenica c’è Roma Bologna…
“Sì, è opportuno il mio intervento qui. E’ una grande partita per me e per tutta la città di Bologna”.
Ha visto la partita con l’Ajax, a che livello è la Roma? Perchè stenta in campionato?
“E’ una squadra forte che per un lungo periodo ha giocato un calcio affascinante, verticale, mortifero. Per le caratteristiche dei giocatori e, presumo, per le indicazioni di Fonseca”.
Fonseca lo confermerebbe?
“Per quello che ho visto sì, poi non conosco le discussioni interne. E’ difficile capire con chi devi parlare nella Roma”.
Conosceva Tiago Pinto?
“No. Non abbiamo esigenza di parlare con la Roma e la Roma non ha esigenza di parlare con noi, anche se alcuni dei nostri giocatori, per qualità tecniche, potrebbero tranquillamente vestire la maglia giallorossa. I nostri sono tutti ragazzi giovani che erano già stati acquisiti dal Bologna. Forse domenica a Roma avranno modo di conoscere meglio i nostri giocatori”.
Dzeko lascerà la Roma? Gli avrebbe tolto la fascia?
“Mai, a uno come lui non si toglie la fascia, anche se non conosco le vicende interne. Lo conosco bene e non può aver fatto una cosa così grave da essere degradato. Ieri ha dimostrato il suo valore e credo sia stato il giocatore che ha svettato su tutti gli altri”.
Alla Roma manca un uomo di calcio? Senza nulla togliere al suo collega Pinto.
“A onor del vero Pinto non è un mio collega. Nella sua società faceva altro. Se la Roma l’ha preso perché ritiene che possa fare un doppio o triplo ruolo va bene. Ma io conosco la piazza di Roma e penso che un front man serva. Ogni volta che andavo a Trigoria dovevo fronteggiare, non sempre in modo dialettico, dovevo fronteggiare diversi tifosi. Roma è una piazza che va fronteggiata, alla quale vanno date spiegazioni. Il silenzio attuale non mi sembra corretto verso la città. Il tifoso della Roma è generoso, appassionato”.
Perché è andato via da Roma?
“Per un motivo molto semplice: non parlavo più con Pallotta. L’entusiasmo con cui si esprime su di me ora? All’epoca il suo entusiasmo era più fievole. Ma non voglio parlare di Pallotta. Forse avremmo dovuto aiutarlo di più. Roma non è raggirabile. Nessuno può raggirare Roma e io sono stato il più bravo di tutti perché non raggiravo nessuno”.
Quando torna alla Roma?
“Alla Roma non torno. La Roma ha bisogno di idee, di impatto mediatico. Non ho più il vigore che avevo”.
Aveva fatto firmare un contratto ad Allegri, cosa serve per convincerlo a scegliere la Roma?
“Allegri non onorò un impegno che aveva con la Roma. Decise di non venire, pazienza. Ci organizzammo con altri tecnici: Garcia fece molto bene, il genio Spalletti fece 87 punti”.
Spalletti fu uno dei motivi per cui andò via…
“Assolutamente no, io rispettavo Luciano, ma io ho sempre protetto i miei allenatori fino all’inverosimile, a volte anche sbagliando. In quel momento c’era Garcia e io volevo proteggerlo, poi uscì fuori la fandonia che non volevo Spalletti”.
E’ stato lei a parlare di centri di potere
“Ho detto ‘centri di pensiero’, e ce n’erano almeno 3”.
Il fatto che Baldini sia uscito di scena chiarisce equivoci?
“Baldini era un investimento per la Roma, ma nel ruolo che aveva era una iattura. Quando mai un professionista deve lavorare con un presidente che ha un suggeritore? Non può esistere in nessuna azienda. Non si tratta della persona Baldini, ma del ruolo che avesse in quel momento. Sentivo telefonate e sorvolavo, io non sono un “acchiappafantasmi”, sono un uomo di calcio”.
La gestione attuale della Roma la convince?
“Il silenzio è d’oro, ma a in una città come Roma c’è bisogno che ti affacci a confrontarti con i tifosi dicendo chi sei e cosa vuoi fare”.
Lei ha un modo tutto suo di seguire le partite
“Quando vedo le partite non sopporto nemmeno un respiro vicino a me. Io le partite le gioco dentro di me”.
Vediamo giovani fare bene all’estero, ma in Italia i giovani non debuttano. Cosa manca alle italiane?
“Il coraggio. La Roma ieri ha giocato contro una squadra giovanissima, che gioca con la tranquillità di poter perdere. Al ritorno gli olandesi non avranno stress, se la giocheranno tranquillamente. In Italia non si può perdere, c’è una critica per tutti, Una sconfitta scatena reazioni insopportabili. Altrove i giocatori giovani vanno in campo con la tranquillità di poter sbagliare. Al ritorno Roma-Ajax sarà difficile per i giallorossi”.
Fonseca ha avuto uno sfogo con i giornalisti che ricorda quello di Luis Enrique. Roma è un posto così diabolico? E’ così difficile fare calcio qui?
“Sì, non posso dire sia un ambiente cattivo: sarebbe una contraddizione perché non ci sono tifosi più generosi di quelli della Roma. Ma si sovrappongono troppe opinioni. E questo diventa insopportabile. E’ un proliferare di opinioni e di accuse. E’ un ambiente difficilissimo ma auguro a tutti i professionisti di provarlo. Fonseca? Ditegli di resistere perchè ha dimostrato di avere qualità. La Roma ha mostrato un calcio bellissimo e verticale, palla veloce, profondità. Poi il collasso, una sincope, dovuta forse al cortocircuito Dzeko-Fonseca. Lavorare alla Roma è durissimo ma è auspicabile farlo. Non per me eh, non è una candidatura. Io non voglio lavorare senza stress, io voglio essere sollecitato o vilipeso. Il calcio è un vizio e un’emozione e questo deve rimanere”.
Un giudizio su Ibanez? Perché la Roma è settima nonostante la qualità? L’acquisto di cui vai più fiero e il giocatore che non avresti mai voluto cedere?
“Tanti non ne avrei voluti vendere, poi però i conti vanno tenuti in ordine. Bisogna creare plusvalenza e tenere la squadra competitiva e questo è difficile. Pastore al Palermo l’acquisto di cui vado più fiero. Mi piazzai a Buenos Aires per 15 giorni e andai a parlare con la famiglia, con il procuratore e il ragazzo. Non mi sono mosso da lì finché non ha firmato. Aveva qualità difficili da trovare. Volava in campo”.
L’ossessione di partire dal basso è funzionale?
“Beh, alcuni la considerano la piaga del calcio moderno, per me è una necessità. Se non hai un centravanti la palla devi farla correre da dietro. Ne sono un fautore. Alcune squadre come l’Inter possono evitare perchè sanno di avere quell’umanoide davanti, (Lukaku) e possono buttarla avanti”.
L’ambiente è la scusa di chi non vince mai? La trattativa più difficile della sua carriera? Quella che non è riuscita?
“Moltissime, Mkhitaryan volevo portarlo alla Roma tanti anni fa e non sono nemmeno riuscito ad avvicinarmi. Trattare con lo Shakhtar era una cosa impossibile. Io descrivo un ambiente. Di certo non accampo scuse. Non sarò mai in pace per non aver vinto con la Roma, non mi perdonerò mai”.
Anche lei come la serie ‘sperava di morire prima’ dell’addio di Totti? Proverete a prendere un centravanti da 20 gol al Bologna?
“Per il centravanti non andremo in rotta di collisione con la Roma. La serie non la guardo, ripristina degli stati d’animo sconsigliabili. Dentro c’è troppa Roma. Io gli consigliai di smettere e per questo gli chiesi scusa pubblicamente. Non avevo capito che dentro di sé aveva un bambino che aveva bisogno di giocare a pallone. Voglio fare tanti auguri a Daniele De Rossi e alla sua famiglia. Sono molto legato a lui e a suo padre, gli faccio tanti auguri”.
Meglio la gestione Lotito o quella Pallotta?
“Quella di Lotito è stata una gestione reale, totalizzante, quella di Pallotta è stata un po’ meno impegnativa per lui. Lotito è riuscito a scalare le montagne con Igli (Tare, ndr). Qualcuno dice che il calcio italiano si è livellato verso il basso ma io non la penso così”.
Quando vede tutti i suoi campioni nei quarti di finali di Champions non crede che dovesse evitare qualche cessione?
“Questo dimostra che non sono stato fortunato”.
Friedkin sembra voler tenere l’intelaiatura al contrario di Pallotta…
“Non era solo responsabilità di Pallotta, c’erano tante sollecitazioni interne che quasi lo costringevano a cedere per far quadrare i conti”.
Sarri sarebbe l’uomo giusto per la Roma?
“Sarebbe giusto per chiunque, è un grande allenatore, straordinario. Ma lasciate in pace Fonseca, non è detto che debba essere cambiato.
L’acquisto più sbagliato?
“Tanti, ma non per il prezzo. Il giocatore può costare tanto o poco, ma deve essere forte. Doumbia? Sicuramente è uno di quelli sbagliati. Da noi è venuto totalmente spremuto, ma fece comunque due gol fondamentali. Cito un giocatore: quando presi Iturbe c’era un’euforia popolare per quello che aveva fatto vedere. Io me lo sentivo che forse stavo facendo una ca***ta, ma l’ho preso lo stesso. Volevo inorgoglire i tifosi della Roma. Quando noi giocammo lo spareggio Champions con la Lazio e Iturbe segnò mi ripagò di un’idea di me stesso che era diventata veramente bassa”.
Kolarov?
“Appena lo presi alla Lazio me ne andai, quindi non me lo sono goduto. Ha fatto molto bene. In generale sono stato un uomo molto fortunato. Un saluto a tutti, romanisti e laziali. Domani i laziali diranno: ‘Sabatini deve parlare solo della Roma’. Mentre i romanisti preciseranno: ‘Te l’avevo detto che è della Lazio”.
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